La mostra di Migliori

Ci sono personaggi che segnano la storia della fotografia per le loro immagini caratterizzate da un preciso stile, per l’appartenenza o aver fondato un modo di fare fotografia che li rende subito riconoscibili.
Per altri l’immagine fotografica è solo una parte di un processo creativo più ampio nel quale il fotogramma diventa un elemento che non è solo una produzione/interpretazione/riproduzione di una parte della realtà, ma un modo per giocare con la luce, per dilatare i confini del concetto stesso di fotografia. La carta fotografica diventa una tavolozza dove far convergere stimoli luminosi, un elemento con il quale interagire durante il processo di sviluppo, per alterarlo e ottenere effetti ed immagini originali.
Nino Migliori è un artista che è riuscito a coniugare con lucidità e maestria questi due aspetti e la mostra di Bologna, che sintetizza la sua carriera artistica, documenta a grandi linee l’evoluzione del suo percorso creativo nel quale ha messo insieme una straordinaria libertà (e qualche bizzarria) nell’usare le nuove tecnologie che via via si rendevano disponibili e al tempo stesso il tentativo di dialogare su questioni che ruotano intorno al reale/irreale, allo spiazzamento sensoriale, a quello che siamo, al tempo che trascorre e alla morte/natura.
Confesso che conoscevo molto superficialmente la produzione di Migliori, qualche sua immagine in bianco e nero, del periodo del neo realismo (chi non ricorda la foto del ragazzo che si sta tuffando), e qualcuna di quelle realizzate alla fine degli anni ‘60 con le quali metteva insieme i temi “caldi” di quegli anni, tra pacifismo e femminismo e nelle quali dei semplici soldatini giocattolo venivano ripresi sul corpo nudo di una donna.
La mostra ha proposto un itinerario articolato e affascinante e, grazie al contributo e alla vivacità di Migliori (e della moglie che ci ha accompagnato nei tre piani di palazzo Fava, nei quali si dipana l’esposizione), abbiamo potuto capire dalle sue parole come dietro ad ogni opera ci fosse un pensiero, una esplorazione, una ricerca che non era mai fine a se stessa ma il risultato delle riflessioni di un artista che interpretava e anticipava lo spirito del tempo.
Dunque immagini che sono lo specchio dei tempi in cui sono state create, che raccontano del dibattito culturale e delle trasformazioni sociali che la società sta conoscendo, un’arte che non è solo emozione o tecnicismo, un’artista che ha saputo anticipare i tempi coniugando senso estetico e ricerca espressiva giungendo ad una sintesi intensa e contemporaneamente immediatamente percepibile e godibile, come riesce solo ai “grandi” .

Comunicazioni prossime attività

Evidenziamo a tutti i soci che martedì prossimo non ci saranno attività in sede per tener conto della festività del 1 maggio (e quindi dei soci che ne approfittano per prendersi una vacanza) e del contestuale congresso FIAF che si svolge nella stessa settimana.

Ci rivediamo in sede martedì 7 maggio quando avremo modo di conoscere i lavori fotografici di Roberta lotto, nostra gradita ospite .

 

Joel-Peter Witkin in mostra al museo Alinari

Joel-Peter Witkin in mostra al museo Alinari (Firenze) fino al 24 giugno.
La mostra propone una selezione dei lavori del fotografo americano, noto per le sue immagini enigmatiche in cui la gloria del corpo umano si confonde con la miseria e la ricerca spirituale con l’inquietudine religiosa.

Il fotografo può non piacere, ma si può sempre consolarsi con una bistecca alla fiorentina, cantuccini e vin Santo….

http://www.firenzemadeintuscany.com/it/arts/eventi/joel-peter-witkin-in-mostra-al-museo-alinari/

http://www.mnaf.it/mostre.php