Valore e significato delle “regole”

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Recentemente mi sono confrontato con alcuni soci sul “significato” delle regole compositive e sulla capacita’ di superare le stesse.

il corso base, come sempre crea importanti occasioni di confronto anche per chi si sente “arrivato”.

allego un link con un bel articolo sul significato di rompere le regole. Purtroppo e’ solo in inglese…

http://www.dpreview.com/articles/1304360703/breaking-the-rules

personalmente mi riconosco nell’impostazione dell’articolo. E voi?

ciao

Marco

 

9 commenti su “Valore e significato delle “regole””

  1. auget dum docet Marco!

    Per i non anglofili (la traduzione non è letterale), in sintesi l’articolo dice:

    Le regole ci sono per essere insegnate. Se insegnate costituiscono la base per definire il senso comune delle cose (lo stato dell’arte) in un certo periodo o fino ad una certa epoca. Le regole vengono dallo analisi della realtà, e dalla necessità di sintesi di quanto già fatto (aspetti relativi alla luce, simmetrie, equilibrio ecc.). Ma le grandi opere sono tali spesso perché hanno superato i luoghi comuni della loro epoca, ma comunque partendo dalla profonda conoscenza delle regole (guidelines). La regola quindi esiste per comunicare un concetto astratto in qualche cosa di pratico e concreto.

    Ad esempio la regola dei terzi ha lo scopo di evitare composizioni centrate. Ma partendo da questo concetto potremmo suddividere lo spazio in intervalli diversi, ad esempio, potrebbe essere rivista in modo creativo, suddividendo il rettangolo in cinque parti, oppure ruotando il reticolo ad esempio di 20°, oppure di pensare ad una suddivisione circolare anziché lineare. A volte l’improvvisazione porta a risultati inattesi, che introducono nuove regole e quindi un progresso. Ma è la conoscenza delle regole che permette di apprezzare se si ha una vera espansione del pensiero e di quanto già codificato attraverso le regole.

    Le regole di sintesi, permettono di indurre reazioni psicologiche create dall’uso della spazio difronte ai soggetti (siano essi uomini, animali o macchine). La “nose room” (letteralmente lo “spazio indicato dal naso”) permette di attirare la nostra attenzione sulla possibilità che ha il soggetto di muoversi in quella direzione (quella indicata dal naso) diventando un elemento creativo. Infatti se mettiamo il nostro soggetto difronte al bordo, questo ci darà la sensazione di confinato, di essere chiuso nella scena.
    Quindi è possibile creare una regola ed immediatamente violarla per ottenere un effetto completamente contrario o cercare altre regole espressive giocando sulla posizione del soggetto rispetto allo sfondo o ai bordi della scena, cambiando la “tensione” che si riesce a creare.

    Le linee principali (LEADING LINES) sono linee all’interno di un’immagine che porta l’occhio a un altro punto dell’immagine, o di tanto in tanto, fuori dell’immagine. Nulla con una linea definita può essere una linea principale. Recinzioni, ponti, anche un litorale può guidare il nostro occhio. Se è possibile accoppiare le linee principali con un soggetto posizionato in base alla regola dei terzi, l’immagine diventa molto forte.

    Un modo per aggirare questa regola potrebbe essere quella di inquadrare il soggetto al centro di elementi lineari forti (vedi la scena di strada nell’articolo pag.2), piuttosto che avere degli elementi lineari che portano direttamente al soggetto. Questo può servire a dirigere l’attenzione dello spettatore in modo sottile e più interessante.

    In precedenza, ho detto che alcune regole provengono dal senso comune o di una pratica standard. Molti di questi concetti sono così radicata nel nostro subconscio che non prendiamo nemmeno in considerazione che siano regole. Per esempio, girare scene di paesaggio con un orizzonte dritto, perché un orizzonte un po ‘storto sembra un errore, non c’è generalmente alcuna buona ragione per l’orizzonte sia storto.

    Possiamo usare le aspettative dello spettatore di un’immagine (la ‘regola di norme’, se così possiamo chiamarla) per spaventare lo spettatore di compiacimento. Anche se questo non significa che si debba creare immagini che sono semplicemente sciatte, si può modificare l’oggetto o il trattamento di un’immagine per aumentarne l’impatto visivo (immagine del paragrafo “Defying expectations”).

    Regole di consuetudine

    Finora, abbiamo discusso alcune regole di osservazione e le regole di sintesi, insieme ad alcuni modi di romperle. C’è ancora un’altra categoria di regole che vorrei discutere. A differenza degli altri, però, queste regole esiste solo nelle nostre teste.

    Ralph Waldo Emerson scrisse: ‘Una stolta coerenza è il folletto delle piccole menti.’ Questa citazione ha lo scopo di incoraggiarci a sfidare noi stessi e di essere deliberata nelle nostre azioni, piuttosto che diventare compiacenti e semplicemente fare le cose che sono facili e confortevoli.

    Questo come si riferisce alla composizione? Noi siamo creature abitudinarie (che seguono la consuetudine) che possono facilmente cadere in un solco creativo non sfidando il nostro modo di lavorare. Raramente ci mettiamo in una situazione in cui si è costretti a fare qualcosa di diverso.

    Provare nuovi strumenti e formati (es passare al medio formato) permette di vedere le cose in modo diverso senza per questo necessariamente dover cambiare le regole già note.

    In quale altro modo si può rompere lo stato abitudinario? Creazione di un progetto artistico con un tema specifico o restrizioni può essere d’aiuto. Prova a trascorrere un pomeriggio diverso, con riprese in controluce o immagini realizzate da non più di 10 centimetri da terra. Prendete un oggetto da casa vostra (una sedia, per esempio), lo portano in città per un giorno e riprendetelo in luoghi diversi. Trovate un giorno di pioggia e prendere le immagini di foglie bagnate sul marciapiede. La creazione di collezioni di immagini può essere molto gratificante e ha anche il vantaggio di produrre lavori coerenti.

    Riassumendo

    La grande arte non è creata solo da norme, così come ignorando le regole, non si garantisce la creazione di un capolavoro. Un’opera d’arte è ovviamente maggiore della somma delle sue parti. Solo perché una grande immagine segue una determinata regola compositiva non significa che l’immagine è di successo solo perché segue questa regola, così come l’atto di possedere una chitarra Fender non sarà che magicamente ci si trasformerà in Jimi Hendrix.

    Non si può negare, però, che alcuni principi sembrano essere armoniosi creando un senso visivo. Lo studio della composizione rappresenta un tentativo di codificare questi concetti universali nelle linee guida. Si deve essere consapevoli che non ogni regola o linea guida ha l’intenzione di aiutare ogni artista. Tuttavia, la loro comprensione fornisce utili punti di partenza per ognuno di noi per giocare con i concetti alla base della regola.

    Vi lascio con una regola che non deve mai essere dimenticata: divertirsi, continuare a sperimentare, e godersi la vita!

    ANNOTAZIONE PERSONALE:
    Suggerisco, per chi vuole approfondire un po’ di regole: “Arte e percezione visiva” di Rudolf Arnheim che si basa basa sui principi della psicologia della Gestalt. Un tomo da sorseggiare con calma, ma che sicuramente permette di realizzare un bagaglio analitico approfondendo i problemi che da sempre si sono posti all’artista – equilibrio, forma, spazio, luce, colore, movimento, attraverso un analisi dall’arte remota fino ai nostri giorni.

  2. Vedo ora la traduzione… Pazienza, considero la mia lettura anche un esercizio di lingua straniera! Grazie lo stesso Claudio.

    Allora… Mi piacerebbe di più parlarne a voce come abbiamo spesso fatto durante il progetto sul ritratto… (mi mancano le nostre discussioni fotografiche) comunque posso dire (se riesco) la mia.

    In una parte del mio lavoro, quello per me meno spontaneo, sono sempre alla ricerca di regole e di significati. Cerco di spiegarvelo, io sono un tecnico e come tale moda, design e concetto di bellezza non mi vengono così spontaneamente come invece succede alle mie brave collaboratrici. Quando consigliamo un paio di occhiali (lavoro in un negozio di ottica) dobbiamo avere sempre e ben chiaro nella mente cosa vuole e cosa chiede il nostro cliente/interlocutore. In funzione delle sue aspettative dobbiamo decidere quale modello e qualche colore possono soddisfarlo… ma non è tutto, questo è solo il contenuto, poi viene l’estetica e qui arriva il difficile… dobbiamo mediare tra gusti del cliente non discutibili e regole di bellezza che possiamo invece razionalmente spiegare e che ci permettono di consigliare un occhiale che “sta bene sul viso”…. Se queste regole di bellezza (composizione) e gusti del cliente (contenuti) sono scelti a dovere, entrambi saremmo contieni della vendita/acquisto. Ma soltanto se si conosce perfettamente come mettere in pratica queste regole e siamo in grado di capire perfettamente ciò che ci viene richiesto dal osto cliente allora siamo in grado di azzardare ed esagerare in forme e colori senza cadere nel ridicolo e rendere la vendita/acquisto una esperienza molto di più che straordinaria… È una sfida che ci aspetta tutti i giorni.

    Lo stesso vale per tutte le volte che faccio una fotografia, tutto parte dal contenuto (piano mentale come lo chiama Stephen Shore)…. Poi le regole compositive classiche mi aiutano ad ottenere ciò che voglio (piano descrittivo). Posso così ottenete una fotografia che non può essere oggettivamente cestinata. Ma solo ed esclusivamente da questa fotografia posso iniziare a pensare a qualche cosa di più, a fare il salto di qualità. Sono convinto che sia assolutamente necessario conoscere queste regole teoricamente ed in modo razionale (ovvero comprenderle non solo saperle) per poterle non soltanto mettere in pratica, ma anche sfruttarle per infrangerle nel modo e momento giusto….

    Ci troviamo qualche volta a parlare di questo? Magari come facevamo nel gruppo ritratto decidiamo un “piano mentale”, un “piano descrittivo” facciamo qualche fotografia e poi ci ritroviamo per discutere se siamo riuscito ad ottenere quello che vogliamo…. Un po’ come diceva l’articolo, facciamo degli esercizi mirati ad ottenere un risutao…. se prendiamo confidenza con queste “regolette” le nostre fotografie spontanee ne gioveranno non poco.

    Spero di non aver detto cretinate…

    Ciao

    Giuseppe

  3. Beppe quanto proponi credo che sia ( come sempre ) un iniziativa interessante per stimolare e approfondire. Dato che sono convinto che la cultura non può essere proprietà di pochi, ma deve poter essere diffusa nei più ampi spazi possibili, oltre che a proporla come progetto interno, potrebbe essere interessante anche svilupparla in un topic di Agorà di Cult (http://www.fiaf.net/agoradicult/).

    Io nella lettura dell’articolo proposto da Marco, ho trovato molti elementi che già conoscevo, ma anche degli spunti di riflessione. In particolare mi sono soffermato sul concetto di spazio e di come questo lo utilizziamo per esprimere il nostro pensiero, quindi la scelta del soggetto e di come interagisce con il resto dell’immagine. E’ questo mix di rapporti, di interazioni che usiamo nel nostro racconto per immagini, che andremo a utilizzare o richiamare simboli (noemi) che faranno parte dello sfondo o del primo piano, che a loro volta interagiranno tra loro e con i bordi della foto. Quindi le regole dell’articolo le trovo come strumenti espressivi che nel momento che vengono riconosciuti e formalizzati diventano regole. In sintesi la regola è successiva all’opera dell’artista e credo che nessun artista sia mai riuscito prima a definire la regola e poi ad esprimerla. Mi sembra più naturale seguire un percorso rigoroso sperimentando le regole e di superarle “non casualmente” ma come sintesi di una formidabile sensibilità personale unità ad una grande capacità di padroneggiare il linguaggio fatto appunto di regole. E’ magico quel momento in cui riesci a mettere tutto al posto giusto, a molti autori ho sentito dire che avevano una emozione profonda, le lacrime agli occhi, non per l’intensità della scena, ma per essere riusciti a creare ciò che stavano cercando. Settimana scorsa ho incontrato Malena Mazza, un fotografa di moda, le sue foto le trovate sui più grandi magazine internazionali, ed ho scoperto come violare le regole sia stato uscire dagli studi con le modelle per i servizi. Non creare degli sfondi artificiosi e asettici in studio, ma di fare interagire il prodotto con un semplice scorcio di vita reale. Tecnicamente parte da una story board, la quale rappresenta la texture di partenza, poi c’è la ricerca della luce, quella che da al tutto il tono giusto, per lei sono le alte luci quelle che la stimolano di più ovattando e rendendo astratto anche un banale tronco di legno. Le foto nella maggior parte dei casi non rispecchiano il modello di partenza, vanno oltre, ma la story board e il lavoro preparatorio e documentale per arrivarci, rappresenta per lei l’obiettivo minimo che comunque gli dà la fiducia di portare a casa il risultato (seppur minimo). Anche in questo caso è lo spazio in cui poi il soggetto si muove che stimola l’artista, ma è anche quello che colpisce noi che leggiamo il suo messaggio.

    La storia della sedia da portare in città, dell’articolo indicato da Marco, mi ricordato una storia di fotografia portata da Cristina Morozzi, giornalista, ma anche grande critico e art director, la quale ha portato una sua esperienza come art-director di una azienda che fa poltrone, con il fotografo Giacomo Giannini per un catalogo. Qui lo scenario era veramente incredibile, ci si aspetta un’organizzazione, un lavoro di ricerca e mezzi tecnici fantascientifici (non ho trovato in internet il catalogo, a mio parere un capolavoro di fotografia concettuale). Giacomo ha svelato il suo back-stage: un furgoncino con il divano e una auto di supporto in giro per la città a cercare un luogo adatto per creare il giusto contrasto. E’ venuto un lavoro eccezionale e innovativo, qui le regole erano state superate uscendo dagli schemi “classici” dei grandi fotografi di settore (interni che rappresentano un esempio d’uso), portando le poltrone in luoghi incredibili in cui contrasto portava ad un’esaltazione del soggetto. (alcune note su Giacomo Giannini http://www.temporaryartgallery.it/pdf/catalogo_MIA_2011.pdf )

    Mi permetto di suggerire un pdf interessante di sintesi artistica sull’uso e riconoscimento dello spazio nei secoli. Credo che per la sua semplicità possa essere uno strumento interessante anche per chi si interessa di fotografia per conoscere regole … http://www.loescher.it/librionline/risorse_forzaimmagine/download/w3264_spazio_arte.pdf

    Claudio Vettore

    1. Claudio, se pur condivisibile la tua idea di AgoraDiCult, resto sempre dell’idea che sia meglio un incontro stimolante a 4 occhi con qualche amico piuttosto che in rete con persone che non conosco dove quel che si scrive viene 4 volte su 5 frainteso o non compreso; permettimi di pensare: “che pago il GFA a fare se poi mi si dice di andare in rete a discutere di fotografia….”

  4. Il tema e’ complesso e onestamente io non mi ritengo sufficentemente preparato per sostenere una d iscussione su un blog.
    Diverso una chiaccherata tra amici… Pero’ prima chiudiamo il ritratto! 🙂

  5. Pienamente d’accordo Beppe che l’incontro rappresenta senz’altro un momento fondamentale ed il GFA può sicuramente essere il laboratorio dove sviluppare le idee e i progetti!!

    Per il discorso di Agorà e più in generale della FIAF, per il prossimo anno è previsto un incontro, in primavera. Trattarlo qui mi sembra uscire completamente dal topic aperto da Marco e non credo neppure di essere titolato a farlo.

  6. Il discorso è interessante. Perchè non ci mettiamo d’accordo per parlarne un giovedì dando notizia al gruppo e magari, dopo averlo preparato, fare una serata su tale tema il martedì?

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