Martedì 2 dicembre – Focus stacking, HDR, maschere di luminosità

Il Focus Stacking è una tecnica fotografica digitale che prevede l’esecuzione di una serie di scatti della stessa inquadratura ognuno su un piano di messa a fuoco diverso in sequenza, allo scopo di ottenere un’immagine finale con una profondità di campo maggiore di quella ottenibile con le tecniche tradizionali.

L’HDR, sigla di High Dynamic Range (Ampia Gamma Dinamica), è una tecnica utilizzata in grafica computerizzata e in fotografia per ottenere un’immagine in cui l’intervallo tra le aree più chiare e quelle più scure sia più ampio dei metodi usuali.

Le maschere di luminosità costituiscono la pietra d’angolo delle regolazioni basate sui toni dell’immagine. Queste maschere ci forniscono un buon metodo per selezionare specifici toni in un’immagine che può quindi essere modificata a piacere. Ci permettono di superare le carenze nei valori tonali catturati dal sensore della macchina fotografica e di correggere i toni eventualmente modificati durante la manipolazione delle immagini. Al di là dell’intento di esemplificare tali modifiche, ci permettono anche di dare una nostra interpretazione, per loro tramite, all’immagine. Le maschere di luminosità permettono, in un modo incredibilmente flessibile, di offrire al fotografo opportunità fantastiche di utilizzare Photoshop per esprimere la propria personale visione, personalizzando la fotografia.

Una serata “tecnica” per fotografi ardimentosi…
Si inizia alle 21:05. Ingresso gratis. Posti limitati.

Max

8° Concorso fotografico “la Scacchiera” leggere attentamente.

Giunge all’ottava edizione il tradizionale concorso per foto a colori presso l’agriturismo “La Scacchiera” .

Il tema di quest’anno suggerito dai titolari dell’azienda è:
VECCHI MESTIERI E USANZE NEL VENETO.

Non foto di figuranti nelle sagre ma foto di gente che ancora pratica mestieri che vanno scomparendo. Es.: il ciabattino, il sarto o la sarta, il maniscalco ecc…
Per le vecchie usanze potrebbero andar bene particolari processioni o feste agricole quali quelle della mietitura o della pigiatura.

NOVITA’ DI QUEST’ANNO
Le foto (numero massimo 3) dovranno essere in file, lato lungo min. 3000 pixel, 300 dpi, profilo colore sRGB, e consegnate una settimana prima della selezione che avverrà martedì 9 dicembre, in sede, con la stessa modalità del fotocampionato.
Chi vorrà partecipare mandi entro martedì 2 dicembre le proprie foto a giovanni.guglielmin@fotoantenore.org indicando come oggetto dell’e-mail “Concorso Scacchiera”

Le foto ammesse verranno poi stampate dall’RCE-BORGO e verranno esposte all’agriturismo
“LA SCACCHIERA”

Il concorso è aperto ai soli soci del GFA.

La premiazione del concorso avverrà durante la tradizionale “Cena degli auguri” giovedì 18 Dicembre, all’Agriturismo La Scacchiera.

Il consiglio direttivo

Martedì 18 novembre – Simone Padovani

Simone Padovani è un fotografo di poco più di trent’anni, professionista freelance da quasi 10. Nella sua breve carriera ha già collezionato numerosi riconoscimenti come il 1° premio al concorso fotografico nazionale “Il Campanile”, 2 Award della Fotografia Italiana FIOF nella categoria reportage, Primo classificato al concorso internazionale “My Foto”, indetto da Manfrotto School of Xcellence. Inoltre, è risultato tra gli autori selezionati nell’ambito del National Geographic Italia fotocontest. Collabora con Nikon.
Le sue immagini sono state ospitate da molte riviste italiane e dai principali quotidiani nazionali. Amante del reportage, ma non solo, nelle sue foto si può notare una ricerca estetica votata alla estrema rincorsa della bellezza quasi pittorica.

La trascendenza dell’immagine

AgoràDiCult, il blog di cultura fotografica della Fiaf, ci dà l’occasione per riflettere sulla fotografia impressionista. Un recente articolo dedicato a Eva Polak, fotografa neozelandese maestra del genere, sottolinea il suo modo di “trascendere il reale, al fine di attingere a ciò che lei vede, attraverso il filtro della personale sensibilità”.

Questo genere di fotografia ci propone immagini astratte, rappresentazioni nelle quali il soggetto subisce delle trasformazioni che siamo abituati a vedere in pittura, principalmente in quella impressionista, da qui il nome, riuscendo tuttavia a conservare inalterata l’atmosfera sua propria.

A questo proposito, e riferendosi alla pittura, Picasso così si era espresso: “bisogna sempre cominciare da qualcosa, in seguito si può togliere qualsiasi apparenza di realtà; non c’è più pericolo, perché l’idea dell’oggetto ha lasciato una traccia incancellabile”.

Ma la caratteristica principale del genere sta nella abilità nel catturare l’attimo fuggente, l’impressione di quel momento; non vi sono rappresentate storie, ma solo sensazioni. Niente dettagli ma atmosfere percepite dall’autore. Sembra un paradosso. Per oltre un secolo la fotografia ha cercato di rappresentare più dettagli possibili, ha cercato di ottenere immagini sempre più nitide facendo sforzi inimmaginabili per avere tecnologie che permettessero questi risultati. Si pensi alle ricerche sulle emulsioni delle pellicole, alle ricerche sui vetri delle lenti, ai disegni delle lenti degli obiettivi e recentemente sull’aumento in progressione geometrica dei pixel dei sensori. Parrebbe che il mezzo tecnico ci abbia stancato e che avessimo scoperto il vero senso della rappresentazione che scaturisce dalla nostra personale e individuale sensibilità. Via dunque la buona definizione e la fedele rappresentazione del reale: conta molto di più un’immagine composta da pennellate di luce purchè sia quello che noi ‘vediamo’. Viene rivalutato il colore con le sue gradazioni e le sue sfumature, bastevole in sè a suscitare sensazioni entusiasmanti.

Le tecniche per ottenere il risultato voluto, e non pensiamo che siano semplici e dettate dal caso, spaziano dall’uso di tempi lunghi, da movimenti impressi volutamente alla fotocamera, dalle sfocature, all’uso di vaselina spalmata sull’obiettivo e da soggetti semitrasparenti posti immediatamente davanti alla camera. Le prove si sprecano prima di ottenere risultati accettabili, anche se oggi con il digitale è più veloce e più economico. Le prime volte si ottengono prevalentemente foto mosse (o sfocate) ma con la pratica si riesce a controllare il mezzo per ottenere quello che ‘sentiamo’ e che magari vediamo nei sogni.

A questo punto il problema diventa l’osservatore. Siamo troppo abituati a considerare la fotografia come una fedele copia della realtà, si dice così e invece non lo è nemmeno quando i dettagli si sprecano; poi quando guardiamo una foto di stile impressionista la bolliamo subito come ‘mossa’, ‘sfuocata’, ‘mal riuscita’, ‘da gettare’. Non ci viene in mente di fare quello sforzo che mettiamo in atto quando guardiamo un quadro impressionista, quell’atteggiamento che ci permette di capire ‘come’ vedeva l’autore. E’ una questione di abitudine: funziona con la pittura ma non con la fotografia.

Anche nel mio circolo fotografico c’è qualcuno che da qualche anno fotografa con questo stile senza aver mai conosciuto i lavori della Polak, ma i consensi per lui sono deludenti; i commenti sono sempre del tipo: ‘manca un punto a fuoco’, ‘manca un punto fermo’, ‘manca il soggetto’, ‘sono solo giochini’; e quando mancano gli argomenti per condannare l’immagine si sente un ‘beh… sì, anche…’ senza entusiasmo. E intanto Eva Polak spopola.

Andrea Scandolara